'La Stampa' 27/3/2003 PACIFISTI, LA BEFFA NOTTURNA NELLE VIE DI ROMA LE INIZIATIVE CONTRO IL CONFLITTO DALL´ALA CREATIVA DEL MOVIMENTO ROMA Davanti alla Bocca della Verità, zona che a Roma da qualche millennio è cruciale per quanto riguarda i rapporti tra il vero e il falso, i primi passanti l´altroieri mattina si sono trovati davanti a una specie di recinto. C´era il solito nastro di plastica bianco e rosso dei lavori pubblici con appesi dei cartelli che offrivano la seguente spiegazione: «Limite invalicabile: installazione batteria antiaerea». LA GUERRA IN CENTRO. Poco più avanti, dinanzi alla Anagrafe, luogo per i romani altrettanto significativo perché è qui che si conservano i documenti che li riguardano, era stata attrezzata un´altra recinzione di plastica, con un altro avviso conturbante: «Allestimento campo profughi». E ancora, nella placida Piazza del Popolo: «Bonifica mine». E sulla terrazza di Villa Borghese, appena illuminata dai raggi del sole: «Esercitazioni Militari». A occhio, nessuno ci ha creduto. Ma tutti, a lume di naso, devono aver provato davanti a quelle aree delimitate un attimo di stranito smarrimento. Ai più anziani, magari, saranno venuti in testa i cartelli che tra il 1940 e il 1943 segnalavano, anche da quelle parti, gli «orti di guerra». E tuttavia il senso dell´operazione - neo, post o tardo-pacifista che fosse - non era tanto quello di far credere all´imminente militarizzazione del centro storico della capitale, quanto di far riflettere gli abitanti e i media, soprattutto, sulla condizione di «guerra globale permanente» che sta entrando nel cuore e nella vita di ogni persona. LA BUFALA MIRATA.Dopo che i nastri rossi e bianchi sono stati tagliati, sul sito no-globale Indymedia (//italy.indymedia.org) è ricomparsa una sorta di inaugurazione-rivendicazione dell´iniziativa, battezzata «Shock and Hoax». Hoax in inglese è la beffa, l´imbroglio, la bufala, il finto scoop insidioso. Colpisci, dunque, spara balle mirate. Quindi ai missili intelligenti comincia a corrispondere un pacifismo intelligente. Il testo degli installatori notturni di recinti pre-bellici offriva diverse espressioni inglesi, «brand awareness», «brand extension», tanto che alcuni navigatori di Indymedia se ne sono lamentati («Parlate come magnate» ha protestato uno). Ma in realtà è questo il linguaggio corrente di una certa area del movimento che ha davvero pochi punti in comune con il tradizionale pacifismo cattolico o di sinistra che c´è in Italia. E di cui i poteri hanno scarsissime conoscenze. GUERRIGLIA MARKETING. Così, il gruppo si è voluto misteriosamente qualificare come «Guerriglia marketing», che all´estero corrisponde a una tecnica commerciale e pubblicitaria basata sul valore emotivo della comunicazione. Puntare al massimo del risultato con il minimo dello sforzo. E infatti in un secondo comunicato il gruppo ha presentato il conto della spesa: 200 metri di nastro costano 3,5 euro in ferramenta; per i cartelli basta un computer, una stampante e dei fogli A4. In termini politici, se ne parlerà ancora. Presto dovrebbe anche aprirsi un sito su Internet. E´ tutto al momento piuttosto complicato, ma ciò che sembra distinguere questi guerriglieri della provocazione è la giovane età, la fantasia mediatica maturata nelle contro-culture alternative (cyber-punk, rave party, Luther Blisset, video-attivismo, hackerismo), e quindi la capacità di fare notizia, la destrezza nel tendere imboscate immateriali, innescare trappole, allestire falsi eventi. E anche una certa attitudine tra il narcisistico e lo sportivo, l´ironico e il cavalleresco. Nulla comunque che abbia a che fare con la violenza. E molto invece con l´arte e l´avanguardia, o meglio con il loro superamento. GUY: CHI ERA COSTUI? Ebbene: sarà stato un caso, ma tra il primo e il secondo comunicato, proprio quel giorno e sempre su Indymedia i navigatori pacifisti hanno preso a scambiarsi informazioni su un personaggio da molti citato, ma da pochissimi conosciuto. Un intellettuale «maledetto», sovversivo integrale, una specie di stoico del XX secolo, morto suicida nel 1994. Insomma, Guy Debord, tra i fondatori dell´Internazionale Situazionista, il teorico della «società dello spettacolo» (1967), signore dei paradossi logici e dei capovolgimenti profetici, «il pensatore più misterioso dell´epoca». Guy «the boredom», ossia la noia, come pure ne deformano il cognome certi suoi allievi degeneri o dispettosi rivali, per via dell´indubbia astrusità a volte anche soporifera dei suoi testi. Comunque una figura di rilievo, nonché riferimento culturale di due fra i più brillanti uomini di televisione italiani, Carlo Freccero (che con la moglie ha tradotto e introdotto per Baldini & Castoldi tanto La società dello spettacolo che gli ancora più illuminanti Commentari) e Antonio Ricci, padre e patrono di Striscia la notizia. Ora, nei guerriglieri del marketing la discendenza è piuttosto chiara, per quanto alleggerita e «purificata» nel filone contro-culturale anglosassone, fino alle elaborazioni No-logo di Naomi Klein. Ma l´impressione, più in generale, è che molte delle forme espressive che ha preso il movimento pacifista arcobaleno siano oggi in debito con le profetiche intuizioni del situazionismo. LEZIONE SITUAZIONISTA. Può essere un debito perfino inconsapevole. Ma l´azione di Greenpeace al Vittoriano, la scelta del luogo e dello scenario, la rapidità e la spettacolarità della performance, quell´enorme striscione nero che sui bianchi marmi faceva il verso alla propaganda di Berlusconi («Un impegno concreto: guerra»), il presidente raffigurato in un fotomontaggio con l´elmetto del Duce, come una specie di citazione alla rovescia: détournement, l´avrebbe definito Debord. Tutto o quasi insomma rientra nello schema: la drammaticità della scalata, con corde e rampini; il fatto che tra i climber ci fosse una donna, e che nessuno poi abbia opposto resistenza. Ma soprattutto la risonanza sui giornali, l´inesorabile ripresa delle tv, perfino l´effetto sugli avversari, cioè sui presidenti della Provincia e della Regione di An che il giorno dopo hanno ritenuto di dover addirittura «riconsacrare» l´Altare della Patria con una corona d´alloro. Un sabotaggio culturale quasi perfetto e motivato dalla circostanza che il Vittoriano, dopo tutto, è anche un luogo di dolore causato dalla guerra. MONUMENTI PACIFICI. Il fatto curioso, semmai, è che a loro tempi (fine anni sessanta) i situazionisti erano del tutto trascurabili: astratti, dogmatici, settari, prigionieri di un sovversivismo che metteva anche paura. Mentre oggi i pacifisti no-global che a quella lezione sembrano ispirarsi vivono una stagione politicamente assai felice e innovativa. Allestiscono meglio di qualsiasi partito veri e propri circhi che stimolano energie e attirano curiosità. Più di ogni altro hanno compreso che la politica è divenuta visiva e che la protesta, di conseguenza, deve farsi macroscopica e narrativa. E infatti scelgono monumenti di straordinaria bellezza e celebrità per ambientare le loro rappresentazioni: ecco il bandierone arcobaleno che cala dalla Torre di Pisa, ecco il Colosseo listato a lutto. Ecco come si mettono a frutto - viene pure da azzardare - le suggestioni dell´arte contemporanea, l´impacchettamento delle vestigia alla Christo, i graffiti arcobaleno avventurosamente disegnati l´altro giorno dagli acrobati del movimento, sospesi nel vuoto, sui bastioni del porto di Genova. Rovesciare lo stato di passività contemplativa che si avverte davanti alle immagini di guerra trasmesse dai tg, da Porta a porta o Ballarò: questa la missione che sembrano essersi assegnati i nipotini, più o meno consapevoli, di Debord. Una leva di giovani nati e vissuti davanti alla tv più di qualsiasi altra generazione. TV & PROTESTA. Chiunque abbia frequentato una delle ultime manifestazioni per la pace è rimasto colpito da quanto profondamente quelle che un tempo si chiamavano «forme di lotta» sono oggi influenzate dalle telecamere: missili di cartapesta, pupazzi colorati, carri allegorici e musicali, fumogeni e fuochi d´artificio, palloncini colati, mongolfiere, adesivi, o pistole di pompe di benzina (quest´ultima ostensione molto più discutibile). Simulazioni, comunque, contraffazioni, simboli, cultural jamming. L´altro giorno c´è chi ha cercato di costruire un muro di fieno attorno all´ambasciata Usa. Chi ha dipinto sagome di cadaveri sul terreno. Chi si buttava per terra, in gruppo, come dopo una strage. E ciclisti che reclamano il loro spazio, giocolieri che si offrono di celebrare il carnevale cinese, gente sui trampoli che va in scena gratuitamente. Per certi versi l´efficacia dei nipotini di Debord sta nel provenire proprio dal cuore della società, il che significa conoscerne bene le brutture, anzi comprenderle «dal basso», quindi agire all´altezza dei tempi e della comunicazione, sempre più veloce, sempre più tecnologica. Farsi antidoto e contravveleno, al dunque. Anche a costo di prevedere, per i giardinetti davanti alla Bocca della Verità l´«installazione di una batteria antiaerea». E magari senza ricordare, e magari nemmeno sapere che proprio da quelle parti nel 1943, scavallato il colle Aventino, si combattè sul serio. E non erano «Esercitazioni Militari». Ma guerra vera e sanguinosa.